Gesu' 
Tonino Bello Don Tonino Bello

Nato ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935, Antonio Bello rimarrà sempre, anche quando sarà Vescovo,” don Tonino. Figlio di un maresciallo dei carabinieri e di una donna semplice e di grande Fede, trascorre l’infanzia in un paese ad economia agricola ed impoverito dall’emigrazione. Assiste alla Morte dei fratellastri e del padre.
Ragazzino sveglio, finite le elementari, è mandato, per poter continuare gli studi, in seminario, prima ad Ugento poi a Molfetta. Frequenterà l’ONARMO (opera nazionale assistenza religiosa e morale degli operai).
L’8 dicembre 1957 è ordinato Sacerdote e dopo un anno sarà nominato maestro dei piccoli seminaristi. Nei successivi 18 anni sarà capace di mediare tra severità del metodo ed esigenze giovanili. Lavorerà per la diocesi come redattore di “Vita Nostra”.
In una pagina del diario del1962 dirà di sé:”(…)Dio mio, purificami da queste scorie in cui naviga l’ anima mia, fammi più coerente, più costante. Annulla queste misture nauseanti di cui sono composto, perché ti piaccia in tutto, o mio Dio”.
Alla fine degli anni ’70 è nominato parroco di Tricase: l’esperienza in parrocchia gli fa toccare con mano l’urgenza dei poveri, dei disadattati, degli ultimi.
Nel 1982 viene nominato Vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi e nel 85, presidente di “Pax Christi”.
Comunione, evangelizzazione e scelta degli ultimi sono i perni su cui svilupperà la sua idea di Chiesa (la “Chiesa del Grembiule”) Lo troviamo così assieme agli operai delle acciaierie di Giovinazzo in lotta per il lavoro, insieme ai pacifisti nella marcia a Comiso contro l’installazione dei missili, insieme agli sfrattati che ospiterà in episcopio (“Io non risolvo il problema degli sfrattati ospitando famiglie in vescovado. Non spetta a me farlo, spetta alle istituzioni: però io ho posto un segno di condivisione che alla gente deve indicare traiettorie nuove(…),insinuare qualche scrupolo come un sassolino nella scarpa.).
Rinuncia ai “segni di potere” e sceglie il “Potere dei Segni”: nascono così la Casa della Pace, la comunità  per i tossicodipendenti Apulia, un centro di accoglienza per immigrati dove volle anche una piccola moschea per i fratelli Musulmani.
L’inevitabile scontro con gli  uomini politici si fa durissimo quando diventa presidente di Pax Christi: la battaglia contro l’installazione degli F16 a Crotone, degli Jupiter a Gioia del Colle, le campagne per il disarmo, per l’obbiezione fiscale alle spese militari, segneranno momenti difficili della vita pubblica italiana. Dopo gli interventi sulla guerra del Golfo venne addirittura accusato di incitare alla diserzione.
Eppure c’è stata sempre una limpida coerenza nelle sue scelte di uomo, di cristiano, di sacerdote, di vescovo. E’ stato così coerente da creare imbarazzo perfino in certi ambienti, compresi quelli curiali: sapeva di essere diventato un vescovo scomodo.
Ma la fedeltà al Vangelo è stata più forte delle lusinghe dei benpensanti e delle pressioni di chi avrebbe voluto normalizzarlo.
La marcia pacifica a Sarajevo, di cui fu ispiratore e guida, sebbene già malato, rappresenta la sintesi epifanica della vita di don Tonino: partirono in 500 da Ancona il 7 Dicembre 1992, credenti e non, di nazionalità diverse uniti dall’unico desiderio di sperimentare “un’altra ONU”, quella dei popoli, della base. Nel discorso pronunciato ai 500 nel cinema di Sarajevo dirà: ”Vedete, noi siamo qui , Probabilmente allineati su questa grande idea, quella della nonviolenza attiva (…).Noi qui siamo venuti a portare un germe: un giorno fiorirà(…).Gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati”.
Pochi mesi dopo, il 20 aprile 1993, consumato da un cancro, muore senza angoscia e con grande serenità.  

Leggi un brano di don Tonino tratto da "La stola e il grembiule"   e la preghiera Andiamo fino a Betlemme come pastori:

Scritti da Don Tonino Bello
 
Andiamo fino a Betlemme, come i pastori.
L'importante è muoversi.
E se invece di un Dio glorioso,
ci imbattiamo nella fragilità
di un bambino,
non ci venga il dubbio di aver
sbagliato il percorso.
Il volto spurito degli oppressi,
la solitudine degli infelici,
l'amarezza di tutti gli
uomini della Terra,
sono il luogo dove Egli continua
a vivere in clandestinità.
A noi il compito di cercarlo.
Mettiamoci in cammino senza paura.
 
 
Stola e grembiule.
Forse a qualcuno può sembrare un'espressione irriverente, e l'accostamento della stola 
col grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio.
Si, perchè di solito la stola richiama l'armadio della sacrestia, dove con tutti gli 
altri paramenti sacri, profumata d'incenso, fa bella mostra di sè, con la sua seta ed 
i suoi colori, con i suoi simboli ed i suoi ricami. Non c'è novello sacerdote che non 
abbia in dono dalle buone suore del suo paese, per la prima messa solenne, una stola preziosa.
Il grembiule, invece, ben che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio, richiama 
la credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a 
portata di mano della buona massaia. Ordinariamente non è articolo da regalo: tanto meno 
da parte delle suore, per un giovane prete. Eppure è l'unico paramento sacerdotale registrato dal vangelo. 
Il quale vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù nella notte del Giovedì Santo, non parla nè di casule, 
nè di amitti, nè di stole, nè di piviali.
Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto 
squisitamente sacerdotale.
Chi sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre sacrestie con l'aggiunta 
di un grembiule tra le dalmatiche di raso e le pianete di samice d'oro, tra i veli omerali di 
broccato e le stole a lamine d'argento!
La cosa più importante, comunque, non è introdurre il "grembiule" nell'armadio dei paramenti 
sacri, ma comprendere che la stola ed il grembiule sono quasi il diritto ed il rovescio di un 
unico simbolo sacerdotale. Anzi, meglio ancora, sono come l'altezza e la larghezza di un unico 
panno di servizio: il servizio reso a Dio e quello offerto al prossimo. La stola senza il 
grembiule resterebbe semplicemente calligrafica. Il grembiule senza la stola sarebbe fatalmente sterile.
 
...
 
Nel nostro linguaggio canonico, ai tempi del seminario, c'era una espressione che oggi, 
almeno così pare, sta fortunatamente scomparendo: "diritti di stola". E c'erano anche delle 
sottospecie colorate: "stola bianca" e "stola nera". Ci sarebbe da augurarsi che il vuoto 
lessicale lasciato da questa frase fosse compensato dall'ingresso di un'altra terminologia 
nel nostro vocabolario sacerdotale: "doveri di grembiule"! Questi doveri mi pare che possano 
sintetizzarsi in tre parole chiave: condivisione, profezia, formazione politica.
 
Speriamo che i seminari formino i futuri presbiteri ai "doveri di grembiule" non solo con 
la stessa puntigliosità con cui li informavano sui "diritti di stola", ma con la stessa tenacia, 
col medesimo empito celebrativo e con l'identico rigore scientifico con cui li preparano ai loro compiti liturgici.

 Per saperne di più : 

*Scritti di don Tonino:

 -  “Alla finestra della speranza” ,Ed. S. Paolo, Cinisello B., 1988.

 - “Sui sentieri di Isaia” ,Ed. La Meridiana, Molfetta, 1990.

 - “Scrivo a voi… lettere di un vescovo ai catechisti”, Dehoniane, Bologna 1992.

 - “Pietre di scarto”, La Meridiana, Molfetta, 1993

 - “Stola e grembiule” Ed. Insieme, Terlizzi, 1993

 *Scritti su don Tonino:


 -  “Un pane ed una tenda per tutti. Don Tonino Bello presenza e profezia”, Triccase

    (Lecce), 1993.

 -  “Don Tonino Bello, servo di Cristo sul passo degli ultimi”, Ed. Luce e Vita Molfetta 1994.

 -  “Don Tonino, fratello vescovo”, Ed. Paoline, Milano 1994.

 - “Rami d’ ulivo.Recital per don Tonino Bello”, Ed. InsiemeTerlizzi, 1995.